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UZAK Lietta Tornabuoni, La Stampa (Italy), 27 giugno 2004
«Uzak» in turco significa «Lontano», e il terzo film di Nun Bilge Ceylan, 45 anni, nato a Istanbul, racconta appunto molte lontananze: la iontanauza da sé e dal proprio passato, la lontananza dai desideri per il proprio futuro, la lontananza dagli altri, la lontananza dalla città invernale Coperta di neve, circondata da acque gelide e nebbie alla Anghelopoulos o alla Tarkovski. E un bellissimo film, molto premiato ai festival di Cannes 2003: ogni elemento dello stile perfetto assume una straordinaria eloquenza, ogni malinconia si fa eleganza, ogni minimo eventi diventa simbolico anche della tensione sociale e politica dei Paese, non c’è un solo attimo che risulti insignificante.
Il cugino ragazzo è caotico, allegro, noncurante. I contrasti della loro convivenza rivelano ed esasperano le nevrosi dell’uno, il sentimento di inferiorità dell’altro. La tensione tra loro, fortissima, rispecchia le tensioni esterne: sino a quando si separano sentendosi ancora pur soli, più lontani dalla pienezza della vita.
Il cinema turco non fornisce spesso
opere sorprendenti: ma basta un film come questo a rivelarne i segreti
di talento, di lirismo, di bravura professionale. Anche se Uzak esce in
poche sale nella stagione meno propizia, per chi ama il cinema sarebbe
un peccato perderlo.
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